Un vestito all’uncinetto e multicolor: comunicatori non si nasce ma si diventa
Nutro una passione impulsiva e naturale verso qualsiasi forma di comunicazione.
Non importa che si tratti di un aperitivo in compagnia o di un seminario professionale sugli uffici stampa istituzionali. L’unica cosa veramente importante è la condivisione della conoscenza, l’apprendimento e lo scambio intergenerazionale di idee.
Non so dire, esattamente, quando ho capito di voler fare della comunicazione la mia professione. Non so dare una collocazione temporale precisa a una scelta diventata, giorno dopo giorno, una consapevolezza profonda. Vera, desiderata.
E, ancora oggi, se dovessi scegliere cosa fare non potrei prediligere altro. Ho bisogno di fare comunicazione. La fortuna è stata la capacità di comprendere che questa “sorella”, così sfaccettata e mutevole può prestarmi, all’occorrenza, vestiti vari e multiformi.
Non mi sono mai fermata. Mai arresa. Non ho mai aspettato passivamente che qualcosa potesse cambiare o, sorprendentemente, mi potesse cadere davanti ai piedi. Non ho mai pensato che a causa di una professione, negli ultimi anni inflazionata, questo mondo non avesse bisogno di comunicatori capaci, coraggiosi.
Una volta conseguita la laurea specialistica a Roma “Sapienza” in editoria, comunicazione multimediale e giornalismo ho cominciato a firmare i primi articoli di carta stampata in un quotidiano locale viterbese.
Inspiegabile l’emozione della pubblicazione. Mio padre ancora oggi conserva, come un oracolo, un collage dei miei articoli di giornale con la dicitura, a caratteri cubitali, “primi articoli di Antonella”.
Per quei “pezzi” non sono stata mai retribuita ma, la soddisfazione e l’orgoglio che ho visto nei suoi occhi, mi hanno ripagata di tutti i redazionali che ho scritto e che scriverò in futuro. Proprio nel corso di questa esperienza professionale mi sono scontrata con i colleghi, molto più grandi di me, che con instancabile determinazione continuavano a ripetermi che il giornalismo in Italia non paga e quindi, responsabilmente, dovevo dedicarmi a fare altro. Nonostante le previsioni apocalittiche di un futuro di stenti ho proseguito senza mai tornare indietro. E ripeto, mai.
Dopo pochi mesi sono diventata redattrice ordinaria di un quotidiano online approdando al nuovo mondo del web. Il primo contratto e il primo stipendio degni di essere chiamati tali. Successivamente, dopo 4 anni, una nuova specializzazione come libera professionista: addetta stampa istituzionale per diversi Comuni e associazioni della provincia di Viterbo.
Passano due anni e faccio un nuovo salto.
Questa volta nel buio.
Ho cambiato città, regione, lavoro.
Ho avuto paura. Ho respirato profondamente, mi sono tappata il naso e mi sono immersa in una realtà completamente diversa da quella vissuta fino a quel momento. Anche questa volta, la comunicazione, non mi ha delusa e mi ha accompagnata in un nuovo e avvincente percorso. Ho imparato a utilizzare innovativi strumenti professionali; ho conosciuto colleghi capaci e sono alle dipendenze di nuovi responsabili.
Penso che non si nasca comunicatori, ma sono certa che con impegno e forte senso di sacrificio si possa diventare dei bravi professionisti. Le mie scelte, spesso imprudenti, mi hanno aiutata a indossare questo vestito che a me piace tanto.
L’ho scelto, ma non l’ho comprato.
L’ho cucito appositamente su di me: all’uncinetto e multicolor.
Antonella Oliva
Ufficio stampa Medhiartis